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al testo di Alberto Rizzi
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Ed infine io giunsi alle rovine della Casa quella antica e prima costruita da chi ancora intravedeva l'ordine corretto delle cose quella ancora vera
e vi sostai nel fuori come s'usava a Suo rispetto commisurando le cariate colonne con quante d'ossa mie per quanto enfiate dalle guerre avute ancor mi si reggevan
Immobile intuivo vacuità d'altre più nuove Case perfette in loro falsità di luce pregne d'un vuoto ch'invece inghiotte per assenza di Presenza vuoto di folla che sol presente a se stessa più non sa sentire
Né vi si trova specchio all'equilibrio al cerchio delle cose che un cuore vivon senton come che invece infra le ruine queste ancora vibra un ritmo di saggezza
Come in un paradosso seppi essenziale il buio che nel ritroso a questo viaggio in braccio a bòscosàcro spinge
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Già lontano da quelle vecchie pietre mi di fe' 'ncontro un'ombra ampia e femminile che respira il respiro di quel verde e voglio dirle
"Mia cara Luce le cicatrici mie son pérdifuòri giusto guiderdone di mercenariato e mostrano la strada della vita la geografia dell'altrui sentire astutamente a me nemico l'amore che m'usciva dalla cute
quelle tue si piegano didéntro
Sia benguardàta d'acido e di spine ogni diversità che subumano aborre per sua demenza di democrazia"
Così però che lei si chiude in un sorriso
quello di chi indulgente sa di fronte all'ovvio al giàpurdétto svanendo come punto che disespande se stesso in pieno sole
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Per questo a me rimane il bosco a guisa di miospècchio
in coincidenza di spuntoni in legno marciti i denti
le gambe intorte quali rovi
ogni mio membro che passisce piano
nel buio che m'accoglie io vado lasciandomi all'unico ricordo in forma d'una luce che so m'attende all'ultimo istante del sapere
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